Che cosa è la seccia? Come mai a Napoli questa parola significa qualcosa di negativo? La risposta è semplice e deriva proprio dal nero di seppia...
Nell’ opera del 1891 di Giovanni Pascoli “Myricae“, l’ autore romagnolo scrisse nella seconda strofa di Ida e Maria, a proposito della seccia:

o mani d’oro, che leggiere andando,
rigasi il lin, miracolo a vederlo,
qual seccia arata nell’autunno, quando
chioccola il merlo.

Quel seccia arata sta a significare in italiano un residuo di cereale che resta sul campo dopo la mietitura. Ma in napoletano la seccia ha un valore totalmente diverso.
La seccia è la sfiga, la iella, indica colui che porta sfortuna. Il significato primitivo di seccia era quello di indicare un uomo spaccone, che sapeva, cioè, nascondersi dietro una cortina nera proprio come fa la seppia da cui deriva il termine.
La parola seccia deriva dal mollusco seppia. È tipico infatti che la lingua napoletana muti la lettera p in c. Ad esempio dal termine latino “sapio” deriva il “saccio” napoletano. Una delle proprietà della seppia infatti è quella di spruzzare dell’ inchiostro nero per proteggersi. La seppia spruzza questo liquido quando avverte un pericolo o una paura.

A Napoli si è soliti esclamare “menà ‘o nniro ‘e seccia” oppure tout court “menà ‘a seccia“, che ad litteram significano: buttare il nero dello seppia oppure buttare la seppia. Quindi è intuitivo che gettare il nero di seppia voglia dire buttare il malocchio su qualcuno o qualcosa nell’ intento di procurargli un danno immediato ed appariscente simile a quello cagionato dalla seppia con il suo nero. Nella fattispecie il menagramo di turno è accreditato di comportarsi, sia pure metaforicamente, alla medesima stregua di una seppia che è solita, ma per difesa, lanciare spruzzi d’ un suo nero di cui è provvista contro un assalitore; alla stessa maniera lo/la iettatore/iettatrice con una sua azione malevola e proditoria è in grado di offuscare, scurire, rabbuiare l’esistenza di colui/colei contro cui agisca quando decida di farlo/a bersaglio di un metaforico lancio di nero di seppia o di semplice seppia, che entrata in contatto con l’ipotetico bersaglio l’ inonderebbe del suo scuro liquido difensivo.