Il Mausoleo Schilizzi prende vita durante quella che i fotografi chiamano “Blue hour”. Per i comuni mortali è “l’ora dopo il tramonto”. Alcuni residenti di Piazza Salvatore di Giacomo affermano di sentire distintamente rumori di passi, altri vedono un’ombra proprio di fronte all’ingresso di questa strana tomba.
Di chi si tratta? Probabilmente il fantasma è del banchiere livornese Matteo Schilizzi.
Trasferitosi a Napoli per via del bel clima, grazie alle sue immense ricchezze, nel 1881 finanziò la costruzione di questo monumento.
Uomo misterioso, fece distruggere qualunque documento che lo riguardasse, al momento della sua morte. Le uniche informazioni su di lui si riescono a ricavare dal libro di Camillo Guerra, figlio del progettista del tempio.

Ossessionato dalla vita dopo la morte e dalla possibilità di vedere la sua eterna dimora profanata, Schilizzi chiese di poter essere sepolto in un luogo indimenticabile, maestoso, magico: “dovrà essere magnifico come un tempio egizio e ricco come una moschea“.

Nel 1889, però, i lavori furono interrotti a causa di problemi finanziari e la costruzione rimase incompleta fino alla contemporanea (!) morte del committente e dell’architetto
Nel 1921, temendo una possibile demolizione, fu proprio il figlio del progettista, Camillo Guerra, insieme ad un folto gruppo di intellettuali dell’epoca (fra cui Benedetto Croce e Salvatore Di Giacomo), a convincere il Comune ad acquistare la tomba di Schilizzi, che fu trasformata in un monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale.

Prima che cali la notte, il signor Schilizzi torna a fare una passeggiata nei giardini del luogo nel quale sperava di riposare eternamente insieme alla sua famiglia.